Vernissage: 1 Ottobre 2008 ore 18:30
Componendo un album fotografico, si è solitamente portati ad ordinare gli scatti secondo un ordine cronologico che possa raccontare nella maniera più attendibile e veritiera ciò che è accaduto in un dato momento ed in un dato luogo. Tale ordine conferisce inevitabilmente valenze e ruoli ben precisi ai protagonisti di ognuna delle immagini che compongono l’album, il senso di quanto accaduto è quindi cristallizzato, la memoria definitivamente ordinata e fissata secondo quel preciso schema.
Nel caso di 2501 invece la memoria non si limita a riorganizzare i ricordi, a circoscrivere la realtà, piuttosto è lo strumento grazie al quale questo artista costruisce un nuovo immaginario, è la base sulla quale crea opere che riescano a riflettere il proprio paesaggio interiore. Nei disegni – che possono ricordare per l’utilizzo del Pantone e le scelte cromatiche pop, le illustrazioni del primo Pazienza- l’ordine e le proporzioni tra immagini e simboli seguono unicamente la personale logica dell’artista, sono la trasposizione della sua memoria in presa diretta. Forme e soggetti differenti per colore, dimensione, stile, sono fuse le une nelle altre, annullando ogni possibilità di individuare l’inizio o la fine di un racconto ma aprendosi, piuttosto all’indagine da parte del fruitore che viene coinvolto in un gioco di potenziali e infinite interpretazioni, come se dal flusso di segni creato da 2501 potessero scaturire nuove visoni della realtà. Gli stessi materiali utilizzati nella realizzazione dei lightboxes o della grande scultura, mai pezzi unici o superfici continue, segue la logica dell’assemblaggio, della stratificazione dei ricordi nella mente, andando a formare, a costruire una memoria fisica delle proprie esperienze.
Il tema della memoria è anche per Highraff al centro della propria ricerca artistica. Fortemente influenzato dagli antichi riti di meditazione delle comunità indios, ai quali si avvicina in terra natia e durante alcuni viaggi in Perù, Highraff intende descrivere il creato, la realtà, nelle sue forme più semplici ed assolute. Per l’artista brasiliano l’utilizzo di forme astratte è conseguenza della volontà di spostare l’attenzione dalle retoriche sociali tipiche di una certa street art, verso tematiche percepibili e comprensibili ad pubblico sempre più ampio. Le stesse sculture, sviluppandosi in maniera verticale e contendo in se tratti e forme del mondo animale e vegetale, rimandano immediatamente alle antiche figure totemiche della cultura indio, come ad esprimere una nuova e sentita necessità di simboli ancestrali. Gli unici elementi legati a contesti particolari, sono alcuni elementi ornamentali che questo artista realizza con la tecnica a stancil e che recupera dalle tradizioni europee –quella italiana e quella portoghese in particolare- come tracce dei propri viaggi e della propria esperienza terrena.
Davide Giannella
Artworks:
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